Gli operatori del sorriso
Molti li chiamano pagliacci, altri clown o semplicemente “quelli dal naso rosso e il camice pasticciato”. Il nome non è poi così importante, non seve poi forse un ennesimo acronimo. Merita però spendere un po’ di parole per capire cosa ci sia dietro quel naso rosso, quello che circa 80 volontari del Comitato di Trento fanno e perché lo fanno, servizio dopo servizio. Quando si vedono con i loro vistosi camici, le parrucche e l’immancabile nasino rosso entrare nelle residenze per anziani, negli ospedali o animare le piazze si capisce subito la passione che ci mettono. Le loro gag, i loro scherzi e i loro abbracci non sono frutto di improvvisazione ma di molto impegno e preparazione. Sono 50 le ore di formazione necessarie per ottenere la qualifica di ODS, Operatore del Sorriso da frequentare in 3 fine settimana, giorno e notte, sempre insieme. Poi ci sono 20 ore di tirocinio sul campo, accompagnati da chi ormai da anni fa ridere le persone che vivono situazioni poco felici. È un percorso impegnativo, e solo chi ci crede davvero, ed è disposto a reinventarsi con un nuovo personaggio, con un nuovo nome che lo accompagni e lo protegga, potrà godere dei frutti che questa qualifica offre.
Essere clown di Croce Rossa non è solo far ridere i bambini o modellare un fiore con i palloncini. Molti degli ODS portano con loro il ricordo di servizi nei quali i pazienti o i familiari delle persone vulnerabili incontrate si sono messe a nudo di fronte a loro, mostrando appunto il loro lato più vulnerabile, più intimo.
Questo per un ODS è il più bello di tutti i regali, capace di ricompensare la fatica di essersi sudato quel camice colorato. “Ti sto bagnando tutta la telara” sono le uniche parole di un parente in lacrime all’ingresso di un PS. Un clown non chiede, non vuole sapere, ma ascolta, offre un sostegno a volte silenzioso e privo di sorrisi. Chi lo ha detto che serve far ridere per portare conforto a qualcuno? Diventare ODS permette sì di sperimentarsi e di avvicinarsi alle tecniche di clownerie, ma soprattutto apre i cuori e gli animi dei volontari. L’empatia, la dote meravigliosa di capire magari con un solo sguardo il sentimento di chi ci sta davanti, è forse la cosa più difficile da imparare: non bastano quelle 50 ore, non basta un naso rosso. Chi è ODS il nasino rosso lo indossa tutti i giorni, in maniera silenziosa e invisibile, avvicinandosi all’altro con quella sensibilità in più che è racchiusa in uno dei principi fondamentali: l’umanità.
Nel corso del 2018 sono state erogate ben 2.690 ore di volontariato da questi personaggi dal nome buffo e dal cuore grande.
“Indosso il mio naso. Sono pronta, adesso entro. Ho tutti gli strumenti che mi servono nella mia borsa: libro magico, pupazzi, penna gigante, bacchetta magica, scopino del wc… oddio, non mi guarda nemmeno! Sono entrata nella sua stanza in punta di piedi, un po’ per non spaventare i piccoli, un po’ perché il mio personaggio cerca di essere delicato… ma quel bambino non vi vuole vedere neanche in fotografia! Saluto il papà, parla lui con me… parla lui per il figlio, prova a capire anche lui quello che sta succedendo nella testa di quel ragazzino, troppo magro per essere così alto, troppo giovane per dover già affrontare un problema del genere. Vicino al suo letto c’è una pianola: deve essere qui da molto. Capisco di non essere la benvoluta dal ragazzo, nonostante quel papà cerchi di venirmi incontro, sforzandosi di fare qualche battuta. Sorrido, incrocio il suo sguardo di chi dice tutto solo con gli occhi e saluto. È stato uno dei tanti servizi, è stato uno dei pochi dove non sono stata voluta. Anche questo aiuta a crescere, a fare i conti con quello che gli psicologi ci hanno spiegato essere il nudo e crudo fiasco”.
Testimonianza di un ODS del comitato di Trento |
Per chi volesse approfondire la vostra conoscenza sugli operatori del sorriso vi invitiamo a leggere questo articolo. (le)