26 gennaio, giornata mondiale per i malati di Lebbra
Nel 1954, si celebrava la prima Giornata mondiale dedicata ai malati di lebbra. L’aveva ideata Raoul Follereau, giornalista e scrittore francese, ma soprattutto instancabile apostolo dei lebbrosi e “ambasciatore dei poveri presso i poveri”. Fu infatti Follereau a risvegliare l’opinione pubblica internazionale sulla disumana condizione di milioni di malati del morbo di Hansen, ancora relegati nei ghetti dei lebbrosari nonostante esistessero già cure efficaci e di basso costo. Fu lui, vero «vagabondo della carità », a visitare instancabilmente i lazzaretti in cui erano confinati i lebbrosi, abbracciandoli per dimostrare anche visivamente che la malattia non era così contagiosa e che poteva essere sconfitta. Fu lui a ideare clamorose iniziative, come la richiesta alle superpotenze Usa e Urss dell’equivalente di due bombardieri atomici per sconfiggere definitivamente la malattia, e a lanciare slogan contro la «lebbra peggiore di tutti»: l’egoismo, perché «La civiltà è amarsi. Nessuno ha il diritto di essere felice da solo». A lui si debbono in grandissima parte i risultati ottenuti nel secolo scorso nella lotta contro una malattia che era considerata più infamante della peste. Raoul Follereau è morto nel 1977 ma la sua eredità vive sotto la bandiera di numerose Fondazioni a lui ispirate, poiché i nuovi casi di lebbra sono tuttora 200.000 all’anno. La battaglia continua. «Il tesoro che vi lascio, è il bene che io non ho fatto, che avrei voluto fare e che voi farete dopo di me» (Le trésor que je vous laisse, c’est le bien que je n’ai pas fait, que j’aurais voulu faire, et que vous ferez après moi).
fonte www.vaticanstate.va
In questo giorno, Croce Rossa, non può non ricordare l’infermiera inglese Kate Marsden che nella fine del XIX secolo cercò una cura alla lebbra. Cresciuta in inghilterra, da ragazza si deidicò come volontaria alla cura dei soldati in Bulgaria durante la guerra russo-turca. Rientrata in patria accudì i fratelli affetti da tubercolosi. Diventata infermiera si recò con la madre in Nuova Zelanda per accudire la sorella malata che subitè dopo morì. Lì divenne capo-infermiera presso l’ospedale Wellington aperto per curare i poveri e i maori. In quel periodo iniziò a curare malattie della pelle simili alla lebbra che colpivano i Maori, oltre a fondare una associazione per la diffusione del primo soccorso tra la popolazione.
RIentrata in patria viaggiò in Russia su invito della Croce rossa russa. Qui ricevette dalla Croce rossa russa un ricnoscimento per l’impegno nella guerra russo-turca. Per studiare la malattia della lebbra girò il mondo fino a tornare in Russia e precisamente in Siberia dove un medico le disse crescesse una pianta che avessa funzioni lenitorie sugli effetti della malattia. Prima di partre incontrò la zarina Marina Fedorovna a San Pietroburgo che le consegnò una lettera di raccomandazione che chiedeva di dare alla donna il massimo del sostegno.
Dopo varie peripezie e viaggi divenne una delle prime donne ad essere membro della Royal Geograhical Society.
Una donna del suo carisma e della sua indipendenza era mal vista da alcune persone dell’alta società e venne spesso calunniata in patria e in Russia. (le)