Cos’altro può succedere? Lo vedremo a settembre!
Saliamo le scale del museo di scienze naturali di Reggio Emilia, un palazzone del 1700 in piazza dei Martiri del 1960 , per visitare una delle mostre allestite quando, arrivato al pianerottolo Mirko, più avanti rispetto a noi borbotta: “Ma cosa succede? Non mi sento…”, poi piega le ginocchia e cade riverso in avanti. Ci blocchiamo! Che sta succedendo? Chiamiamo Mirko a più riprese, da lontano. Nessuna risposta!
Bella sfortuna iniziare la gara nazionale di primo soccorso con il nostro leader fuori gioco. Sì perché l’esperienza che vi sto raccontando l’ho avuta l’anno scorso durante la 24a edizione della gara nazionale di soccorso a Reggio Emilia, mentre quest’anno, se superiamo la selezione interna al comitato che ci sarà sabato 28 luglio, potremo partecipare alla 25a che si terrà a Scalea in provincia di Cosenza dal 28 al 30 Settembre. E questa sarà pure una situazione non reale, ma non perdiamo la concentrazione.
Proviamo a richiamare l’attenzione di qualcuno urlando verso il salone centrale. “Aiuto! Ci sono delle persone che stanno male! Aiuto!”. Dall’ingresso si sente la risposta dell’addetta al banco delle informazioni che ci dice che sta arrivando, di non muoverci. Dopo alcuni secondi, scanditi dai tacchi che picchiettano sugli scalini di marmo dell’ampio scalone, arriva una elegante signora in talier e con in mano un groviglio di maschere protettive. Non appena ci vede ci intima di tornare indietro. “Via di lì, scendete! Stanno restaurando dei quadri e può essere che si siano liberati nell’aria dei vapori del solvente usato per ripulirli dagli agenti inquinanti!”. Ci guardiamo e subito l’adrenalina si scarica nel sangue: “C’è un nostro amico lassu! Ha perso conoscenza e non ci risponde!” spieghiamo. “Siamo della Croce Rossa e se ci da delle mascherine possiamo andare a spostarlo da lì e portarlo più in basso. Forse starà meglio dopo.” La signora ci guarda, ci studia per una frazione di secondo e decide di darci fiducia. Siamo in cinque: indossiamo le maschere e… che si fa?
Salgo da solo con cautela i gradini che ci separano dal pianerottolo dove il nostro amico è riverso a pancia in giù. Gli altri saggiamente aspettano di vedere se la maschera sia effettivamente sufficiente a proteggermi dalle esalazioni. Mi avvicino al mio amico e mi accorgo che c’è un flacone rovesciato. Proprio lì vicino ce n’è uno scatolone pieno. Sulle scale svoltato il pianerottolo, due operai sembrano imbambolati e chiaramente non stanno bene. Sono seduti e si muovono a fatica. Sembrano in preda ad allucinazioni perché scacciano mosche immaginarie. Prendo un flacone ancora sigillato e verifico di cosa si tratta. Risoluto e perentorio mi rivolgo alla signora: “Signora, chiami il 112 e riferisca: probabile contaminazione da esalazioni di agente tossico, tre persone coinvolte, una di loro non è cosciente! E una volta avvisato i soccorsi, vada a recuperare altre maschere!”.
Poi chiamo i miei amici: “Voi venite ad aiutarmi, sembra che le maschere funzionino!”. La signora telefona e mentre Mattia a Michele girano Mirko per verificare la qualità delle sue funzioni vitali, io l’altro Mirko ed Eleonora cerchiamo di capire qualcosa parlando con i due restauratori che adesso ci urlano addosso: occhi rossi e sguardo nel vuoto. Mirko è ora supino, non cosciente ma respira. Gli altri due stanno peggiorando: adesso non riescono a tenersi sulle gambe e si siedono sui gradini. Portarli lontano da lì sembra impossibile perché quando ci avviciniamo non ci capiscono, si spaventano e si divincolano. “Che facciamo?” chiedo ad alta voce. “Dobbiamo portarli via di qui.” suggerisce qualcuno. “Sembra che i vapori più in basso non ci siano o che il loro effetto non si manifesti.” aggiunge. Vero! poco sotto c’è l’atrio. Una ventina di gradini, quindici metri.
Sento la signora del museo salire di corsa le scale “Tac tac tac tac…” “Arrivo arrivo! Sono andata a prendere altre maschere! Ho avvisato i soccorsi ma non saranno qui prima di 15 minuti.” Mettiamo le maschere ai due restauratori. Dopo un paio di minuti la situazione sembra migliorare. Le allucinazioni scompaiono e il respiro è meno affannoso. Si guardano intorno e quando ci chiedono cosa stia succedendo gli spieghiamo che hanno respirato qualcosa di tossico e che è meglio spostarsi di lì subito. Gli chiediamo se se la sentono di alzarsi in piedi e di essere accompagnati giù dalle scale. Li aiutiamo così uno alla volta ad alzarsi e barcollando li accompagnamo al piano inferiore dove li facciamo sedere poggiando la schiena alla prete. Uno di noi rimane sempre con loro. Mirko è ancora su, accudito da Mattia e da Michele che ci aspettano per portarlo giù di peso. Io corro su e li aiuto a sollevarlo. Scendiamo i gradini e arriviamo finalmente al pianerottolo.
“STOP!!!” si sente. “Bravi!”. Il nostro amico e i due restauratori si alzano in piedi, si sgranchiscono un po’ e ci scambiamo dei “cinque”.
Questa è stata la prima scena che abbiamo affrontato l’anno scorso durante l’annuale gara di soccorso che la Croce rossa italiana organizza ormai da 25 anni attraverso i comitati ospitanti. Una squadra per ogni comitato regionale o provinciale, composta da 5 membri che insieme si trova ad affrontare varie e fantasiose situazioni peculiari per una preparazione di primo soccorso. Aspetti trattati dagli scenari delle gare di Reggio Emilia sono stati il parto, la coercizione, l’evento maggiore, l’incidente stradale, la rianimazione cardiopolmonare, la visita ad un campo di prigionia e un viaggio nel 1797. Non mancheranno altri ricordi degli eventi più significativi. Ecco intanto un assaggio con la galleria fotografica.